Perché la guerra ci riguarda, secondo Jung
“Nessuno se ne sta rintanato nel suo spazio psichico come una chiocciola nel suo guscio, vale a dire isolato dagli altri uomini, ma poiché ognuno è collegato, tramite lo strato inconscio del nostro essere uomini, a tutti gli altri, si dà il caso che un crimine non possa mai, come invece appare alla nostra coscienza, essere perpetrato solo di per sé, vale a dire come fatto isolato e isolabile, ma che presenti sempre un’ampia gamma di ripercussioni…
Ci si sdegna contro l’assassino e se ne invoca il castigo, e si è tanto più decisi, accaniti e spietati in questo, quanto più corposa è la scintilla del male che arde nell’animo.
È un fatto innegabile che la malvagità altrui diventi quanto prima la nostra malvagità, perché rinfocola la malvagità presente nel nostro animo.
Il crimine è toccato, sia pur in parte, a ognuno di noi e in parte ognuno di noi l’ha perpetrato; attratti dall’irresistibile fascino del male, tutti noi abbiamo concorso a rendere possibile una parte di questo assassinio psichico collettivo, e tanto più quanto più prossimi ci trovavamo e quanto meglio potevamo vedere.
È inevitabile, perciò, che siamo contaminati dal male, qualunque sia il nostro atteggiamento cosciente. Se manifestiamo indignazione morale, il nostro sdegno è tanto più venefico e vendicativo, quanto più gagliardo arde in noi il fuoco acceso dal male.
Nessuno può sfuggire a questa sorte, perché siamo tutti così profondamente uomini e membri tanto stretti della comunità umana, che ogni crimine accende in qualche cantuccio della nostra anima così variegata una segreta soddisfazione, che tuttavia, negli individui dotati di una salda disposizione morale, suscita una reazione contraria nei compartimenti contigui.
Ma una salda disposizione morale è purtroppo relativamente rara, cosicché, se i delitti si assommano, lo sdegno si lascia facilmente sovrastare e il male prende allora il sopravvento e diventa la regola.”
(Carl Gustav Jung – Dopo la catastrofe, 1945)