Omaggio a Franco Battiato
Un mio articolo per il giornale Kulturjam
La morte di Franco Battiato ha dato un dispiacere a tanti ed ha anche raccontato qualcosa di noi, dei nostri dilemmi quotidiani: è il nostro rifiuto della semplicità della complessità.
Siamo tutti di passaggio, e così è stato anche per Battiato. Solo che Franco Battiato l’aveva capito e ce lo ha cantato per tutta la vita, o almeno in quella che è stata la fase centrale della sua produzione, quella che più amo. Siamo noi che ancora ci stupiamo della morte, invece che di essere vivi. E forse la sensazione che si ha quando si ascolta il concerto di Baghdad, è questo piccolo miracolo: ricordarsi che non ci è dovuto questo viaggio, di cui conservare intatto tutto lo stupore.
“Solo” è un brano tratto da Gilgamesh, il suo lavoro più ambizioso e incompreso, pari solo al “Marco Polo” di Flavio Giurato che è stato ancor più ripudiato. Ci sono i temi fondamentali dell’uomo: l’amore, l’amicizia, il dualismo maschile-femminile, il mito della conoscenza, la ricerca dell’immortalità, il rapporto col divino.
Battiato si presenta nel secondo atto nella veste di un discepolo sufi che dopo un anno di esplorazione porta il frutto della sua ricerca nella Sicilia del XIII secolo, un luogo-utopia del suo immaginario. “Solo” è una canzone in cui a un certo punto Battiato mormora un gusto superiore – come nelle poesie sufi, negli wow indù o nei dididada di Ivor Cutler – lo guardi e vedi che ha capito qualcosa e tu no. Si parla dentro questo gusto tutto suo, pieno di tutte queste cose che io e te non conosciamo. Ogni volta che ascolto questo Battiato alla fine della canzone ho la sensazione di cadere ma non proprio a terra, ma cadere con il corpo un filino staccato da terra.
Battiato è stato l’Osho degli scettici, quanti non si sono accorti neanche di ballare o baciarsi con le sue canzoni in uscita dall’autoradio poggiati invero sul tormento e l’estasi, sul transito e l’assenza. Grazie a quest’uomo che scavava e scavava, e non trovava mai niente, e lo condivideva con noi invece che andare sulla cima del monte.