Gianni Celati e gli appuntamenti con la nebbia

Se ne è andato Gianni Celati e così ieri sono andato sul Delta del Po a cercarlo in mezzo alla nebbia fin dentro i canali di Comacchio, nei riti che da due anni a questa parte abbiamo perduto.

“A Comacchio, alle sette di sera, tutte le ragazze uscivano, addobbate come meglio potevano. Ed era bellissimo, ogni giorno così, segnavano il tempo. Una volta uscite, facevano avanti e dietro per il corso. Mi hanno sempre detto che questo non aveva significato, invece era bellissimo. C’era in quel rito, la possibilità di sentirsi con gli altri.”
Guidando per le stradine della piana allagata immersi in una nebbia che per il visitatore occasionale è un appuntamento con la deriva dei codici familiari con cui si vedono le cose e per chi ci vive deve essere una sterminata disgregazione attraverso la solitudine, pensavo che solo due poeti dei luoghi come Celati e Ghirri potevano qui fondare un’epica tanto resistente alla dimenticanza.
“Le cose sono là che navigano nella luce, escono dal vuoto per aver luogo ai nostri occhi. Noi siamo implicati nel loro apparire e scomparire, quasi che fossimo qui proprio per questo. Il mondo esterno ha bisogno che lo osserviamo e lo raccontiamo, per avere esistenza. E quando un uomo muore porta con sé le apparizioni venute a lui fin dall’infanzia, lasciando gli altri a fiutare il buco dove ogni cosa scompare”

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